lunedì 14 novembre 2011

Berlusconi, dimissioni...il Videomessaggio, corsi e ricorsi- la storia attraverso i video, parte 2


Nel 2005 per Berlusconi è un brusco risveglio. Per la prima volta gli italiani gli hanno votato, compattamente, contro. 
E' la prima volta. Se nel 1996 la sconfitta si poteva spiegare in base a cavilli della legge elettorale, data la mancata alleanza con la lega nord, così non è nel 2005. Alle regionali berlusconi è punito con un secco 2 a 12. 12 regioni vengono confermate o passano ad essere governate dal centrosinistra.
Berlusconi non demorde, reagisce di fronte a coloro che vorrebbero infine la sua testa sul piatto, Udc in testa, che proprio a partire da ora incomincerà il distacco dalla nave del Polo delle libertà. 
Reagisce incolpandosi solo di non essere stato abbastanza attivo.
Poco male - sostiene, mi rifarò alle legislative dell'anno prossimo che si possono, che si devono vincere.
E' una campagna elettorale in grande stile quella di Berlusconi. Applica profusamente tutte le sue conoscenze, vastissime, di vendita e comunicazione. 
Gli si contrappone il suo opposto antropologico. Prodi e Berlusconi. Neanche uno sceneggiatore, nel voler simboleggiare i due caratteri di quest'italia dei campanili, avrebbe potuto trovare di meglio. Tanto uno vive degli applausi e del consenso, tanto l'altro vive di pedalate in bicicletta e conversazioni dotte con la cerchia ristretta e selezionatissima di amici. Esuberante l'uno, introverso l'altro.
Amato dai suoi ed odiatissimo dagli altri il milanese. Stimato ma mai veramente amato dai suoi e deriso dai berluscones il bolognese.
Lo scontro che a qualche mese dalle elezioni sembra scontatissimo, ed a favore di Prodi, si fa incerto, mano a mano che aumentano le apparizioni ed i coup de theatre di Berlusconi. Non si fa mancare niente. Liti alla confindustria, coglioni agli italiani, fino all'ultima sera prima del silezio pre-elettorale.
Gustatevela.





Ma non lasciatevi trarre in inganno. Berlusconi, lui, il maestro della comunicazione, nel confronto diretto col professore bolognese, ne esce malconcio. Si capisce. Prodi con la sua calma ed i tempi lunghi, con il temperamento riflessivo e bonario, il cui lato aggressivo si traduce al più in qualche battuta pungente, mette in crisi il Cavaliere.
Ed alla fine, per la seconda volta, Prodi, il professore, la spunta.
Si impone
La Vittoria di Prodi tuttavia, ancora una volta resta una vittoria di Pirro.
In primo luogo vi sono i numeri. La maggioranza, così come uscita dalle elezioni, anche in seguito alla furba legge elettorale ideata dal centro-destra, è ristrettissima, talmente risicata che in Senato, l'appoggio dei senatori a vita è determinante.
Poi, il Professore Bolognese è letteralmente stretto in una morsa a tenaglia dalla quale è oggettivamente impossibile uscire. Internamente, la coalizione è troppo composita e male assortita. Le posizioni, peccato fin troppo tipico del centro sinistra -ne convengo- sono troppo divaricate ed eterogenee. Posizioni libertarie e finanche liberiste hanno da condividere gli spazi con posizioni  del cattolicesimo sociale, a loro volta in opposizione alle posizioni della sinistra comunista e massimalista.
Non è possibile, in queste condizioni, produrre una politica di governo organica e coerente. Nonostante questo il biennio di Prodi riesce a produrre qualche risultato di pregio che tuttavia non passa poiché il governo è letteralmente circondato dalle truppe scelte berlusconiane.
La gran cassa mediatica composta dalle testate giornalistiche mediaset, da quelle rai ancora legate alla precedente maggioranza, operano un attacco impressionante volto a screditare e delegittimare il centro-sinistra.
In questi momenti la realtà non è più essa in quanto tale, ma il curioso ibrido così come sviluppato dall'azione comune di reportage giornalistici ed opinioni prezzolate.
Napoli. La monnezza. L'insicurezza. Il singolo atto di violenza che riproposto dalla gran cassa mediatica assurge a minaccia costante, prepotente ed ineludibile. A pensarci a posteriori è impressionante.
Il governo Prodi infine, sfibrato e sostanzialmente allo sbando, crolla dopo l'ennesimo adieu di Mastella.



Non è durato che due anni questa volta Prodi. Ma l'idea che infine fosse venuta meno la centralità di Berlusconi dura assai meno, qualche mese, forse. Ed è di nuovo il suo turno.
Vince a mani Basse contro un trasparente quanto velleitario Veltroni, la cui ricetta si risolve in una versione più soft e ben vestita della versione hardcore del Popolo delle Libertà.

Vince, e, per un certo tempo, sembra che voglia pure convincere. Smettere di essere il simbolo stesso dell'eterna guerra faziosa italiana per farsi grande Statista, assurgere a Padre della Patria e poi chissà, per uno abituato come Lui a puntare sempre più in altro, forse pure lo scranno del Quirinale?
Sono i tempi in cui si degna, prima volta nella sua decennale esperienza di governo, di festeggiare la Liberazione. Fa effetto vederlo, lui, imprenditore meneghino, personificazione e vanto dei bauscia, mettersi accanto a vecchi e corazzati partigiani nel ricordare la Resistenza.


Ci prova. Pare impegnarsi.

A presto per la terza ed ultima parte


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